GIOCHI DI PAROLE

Nell’anno 2023 la giurisprudenza della Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale degli obblighi vaccinali imposti dal legislatore per fronteggiare la c.d. emergenza pandemica da Covid-19.
Il riferimento è alle sentenze n. 14, 15 e 16 del 2023, discusse tutte nell’udienza pubblica del 30 novembre 2022 e pubblicate il successivo 9 febbraio 2023.

L’intento di questo breve scritto è quello di evidenziare un aspetto delle pronunce ancora non preso pienamente in considerazione, e comunque in modo non del tutto convincente, tra gli innumerevoli interpreti che hanno commentato le decisioni della consulta.
Il tema è quello del consenso libero ed informato, di cui all’art. 1 della legge 219 del 2017, ai sensi del quale “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.

Come noto, gli obblighi vaccinali progressivamente introdotti a partire dal D.L. 44 del 01.04.2021 prevedevano, come conseguenza della mancata vaccinazione, la sospensione dal lavoro e la perdita della retribuzione.
Come altrettanto noto, le norme de quibus prevedevano inoltre che l’obbligato esprimesse, sottoscrivendolo, il proprio consenso libero ed informato prima di sottoporsi alla vaccinazione.
Anzi, a dire il vero e più sottilmente, le norme “non escludevano” la sottoscrizione del consenso libero ed informato, sicché, nella vigenza e cogenza della Legge 219/2017 (in quanto non abrogata e non derogata dalle nuove norme impositive dell’obbligo), ai chiamati ad adempiere all’obbligo vaccinale veniva necessariamente richiesta l’espressione del proprio consenso al trattamento.

La domanda è quindi sorta da sé: com’è possibile esprimere un consenso libero se la conseguenza del rifiutare il consenso è quella di essere sospesi dal lavoro e perdere la retribuzione? Non è una contraddizione?

Sebbene in sordina, il tema è stato affrontato dalla Corte Costituzionale, in particolare con le motivazioni rese nella sentenza n. 14.
Questo perché era stato lo stesso giudice rimettente a ravvisare una violazione degli artt. 3 e 21 della Cost., proprio in quanto le disposizioni sull’obbligo vaccinale non escludevano espressamente l’onere di sottoscrizione del consenso libero ed informato.
Ebbene, al riguardo la Corte Costituzionale, chiamata a giudicare la legittimità dell’obbligo vaccinale, è stata tranchant. Si legge nella sentenza 14, par. 16.1 c.i.d.:

“L’obbligatorietà del vaccino lascia comunque al singolo la possibilità di scegliere se adempiere o sottrarsi all’obbligo, assumendosi responsabilmente, in questo secondo caso, le conseguenze previste dalla legge”.

Siffatta motivazione, di primo acchito, ha lasciato molti, compreso chi scrive, sgomenti.
Sembra infatti un gioco di parole.
L’obbligo non è un obbligo, perché l’obbligato può scegliere di non adempiere all’obbligo.
Quale interpretazione dare quindi, seriamente, alle parole della Consulta?
Il tema è la relazione tra l’adesione libera e consapevole al trattamento sanitario e la sua obbligatorietà ex lege.
La corte sembrerebbe quindi proporre una sorta di crasi, di mescolamento, tra la tutela della libertà individuale e la responsabilizzazione della persona rispetto alla salute propria e quella collettiva, che si vorrebbe agganciare all’espressione del consenso.  

Ed è qui che si intravede cosa sembrerebbe voler dire la Corte: l’obbligo vaccinale non è coercibile.
In sostanza, esisterebbero degli obblighi sanitari coercibili e degli obblighi sanitari non coercibili, e l’obbligo vaccinale Covid-19 rientrerebbe tra i secondi.
Colui che si sottrae all’obbligo, infatti, va incontro alla sanzione prevista ma non è coartato al trattamento.

Questo ragionamento prenderebbe le mosse da un altro tema pure recentemente affrontato dalla Corte, quello della riserva di legge assoluta (necessità di legge formale del Parlamento) in materia di diritti fondamentali di cui all’ Art. 13 Cost. e quella della riserva di legge relativa di cui all’Art. 32 Cost. (che consentirebbe anche il Decreto-legge).
Nella sentenza n. 127/2022 relativa alla c.d. quarantena obbligatoria, infatti, la Corte Costituzionale ha distinto l’obbligatorietà dalla coercizione ed ha affermato che l’obbligo di non uscire dalla propria abitazione se positivi al Covid-19 “non restringe la libertà personale, anzitutto perché esso non viene direttamente accompagnato da alcuna forma di coercizione fisica, né in fase iniziale, né durante la protrazione di esso per il corso della malattia”.

In concreto, quindi, la Corte Costituzionale con le sentenze del 2023 ha seguito il medesimo ragionamento, essendo molto evidente il parallelismo delle motivazioni utilizzate per il tema quarantena ed il tema vaccini.
Se ne ricava, quindi, a parere di chi scrive, che la citata motivazione addotta dalla Corte in tema di consenso libero ed informato sia stata utilizzata in funzione della distinzione tra trattamenti obbligatori e trattamenti coercibili.

La teoresi, però, pare ugualmente un gioco di parole.
Questa volta il gioco è dato dal travisamento dell’aggettivo “libero” che posticipa la parola “consenso”. Libertà è per definizione assenza di condizionamento!

Se la conseguenza del mancato consenso è la sospensione dal lavoro e la perdita della retribuzione, giocoforza il consenso non è libero, ma evidentemente condizionato dalla conseguenza.
Al più potrebbe discorrersi di rifiuto consapevole a rilasciare il consenso, e la consapevolezza sarebbe data a sua volta dalla certezza delle conseguenze del rifiuto.
Ma così opinando, il consenso al trattamento si tradurrebbe automaticamente in un consenso a non subire le conseguenze del rifiuto, rovesciando le prospettive.

Soprattutto un consenso così concepito finirebbe per neutralizzare l’obiettivo in funzione del quale è stato concepito lo stesso consenso al trattamento sanitario, che è quello della “tutela del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione della persona” come prevede l’Art. 1 della Legge 219/2017.

Come dire: sottoscrivo il consenso a non subire la sospensione dal lavoro e la perdita della mia retribuzione. È tutela dell’autodeterminazione questa?

Quel che è certo è che non può parlarsi di libertà, del consenso.
Sicuramente non può parlarsi di scelta, nel consenso.

Si potrebbe forse modificare l’Art. 1 della Legge 219/2017, introducendo la libertà consapevolmente limitata.

Giochi di parole.

AG

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